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Are you ready to live 100? Un libro di Lynda Gratton e Andrew Scott ci racconta l’evoluzione di carriere, organizzazioni e società nell’era della longevità

Viviamo in un mondo in continua trasformazione in cui l’allungamento delle prospettive di vita e l’attuale capacità di risparmio delle persone, comporta un inevitabile prolungamento della vita professionale.

Tuttavia governi e corporations sono ancora organizzati secondo logiche ereditate da epoche in cui una speranza di vita molto più breve comportava sostanzialmente due fondamentali momenti di transizione per le persone e per le società: l’ingresso nel mondo del lavoro e l’uscita dal sistema produttivo.

Secondo Lynda Gratton, docente di management alla London Business School e autrice insieme a Andrew Scott di “Are you ready to live100? Living and working in an Age of Longevity”, l’allungamento delle prospettive di vita avrà conseguenze di portata epocale a tutti i livelli, lasciando spazio a una nuova fase in cui non l’età, ma la capacità di rompere gli schemi, di esplorare nuove strade e opportunità, di CAMBIARE determinerà scelte, stili di vita e soprattutto percorsi di carriera totalmente svincolati dall’età.

I paradigmi Jack, Jimmy e Jane

Jack è morto a 70 anni. Per lui ritmi e scelte di vita sono stati ordinati e prevedibili;

Jimmy è sulla quarantina. Si stima che possa vivere fino agli 80 /90 anni;

Jane ha 20 anni. Il fatto che possa contare su un’aspettativa di vita significativamente superiore a quella di Jack e Jimmy (almeno 100 anni) le garantisce un grande vantaggio: la possibilità di esplorare più opzioni, ignorando quello che, soprattutto, per Jack è stato senza dubbio un grande vincolo, l’età con i suoi “appuntamenti fissi” e con le sue “mete obbligate”.

Parola d’ordine: CAMBIAMENTO

Secondo la Gratton pensare di pensionare una persona a 60 anni è un grosso errore, mentre ha decisamente più senso provare a prolungarne l’employability ipotizzando, anche, percorsi di carriera e di formazione più creativi, stimolanti e ritagliati su misura.

Sempre di più le persone si trasformeranno, sperimenteranno, cambieranno modo di pianificare e di gestire tempo, vite e carriere, magari tornando all’università a 60 anni, o avviando una start up a 50.

Longevità e capacità di cambiare hanno molto a che vedere con la capacità di creare legami ovvero di costruire uno o più network.

E in questo scenario, proprio i LEGAMI DEBOLI diventeranno altrettanto importanti di quelli forti: perché il problema del cambiamento riguarda in primis l’incapacità della nostra cerchia ristretta ad accettarlo.

Secondo la Gratton la trasformazione difficilmente partirà dalla politica e dalle corporation. Sarà piuttosto un cambiamento riscontrabile a livello del singolo. In molti stanno già costruendo vite sostenibili per il lungo periodo, perché una maggiore speranza di vita può diventare un dono e non necessariamente una condanna.

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